Cos’è la cartilagine?
La cartilagine è un tessuto duro-elastico dotato di una grande resistenza alle forze di pressione e trazione. Quando è sana permette uno scorrimento delle articolazioni quasi ad attrito zero e serve anche ad assorbire le pressioni date da traumi, salti e corsa. La componente basilare di questo tessuto è il condrocita che produce la sostanza fondamentale costituita da acqua, acido ialuronico, collagene, proteoglicani e glicoproteine. La cartilagine è priva di vasi sanguigni, ma si nutre per diffusione dai tessuti circostanti. Questo processo è molto meno efficace rispetto ad un normale apporto vascolare e ciò determina le scarse proprietà rigenerative di questo tessuto.
Cos’è una lesione cartilaginea?
La cartilagine ha di base una resistenza eccezionale che permette di conservare lo stesso tessuto in alcuni casi per tutta la vita. Alcuni fattori genetici, traumatici o sistemici possono però condizionare il benessere dei condrociti. La principale distinzione è tra le lesioni primarie o post-traumatiche, genetiche o di natura metabolica (come l’artrite reumatoide). Le lesioni primarie sono spesso, almeno inizialmente, isolate; invece le patologie sistemiche o genetiche spesso si manifestano in maniera diffusa.
Quali sono i vantaggi?
In molti casi riescono a rimandare, posticipare o annullare un intervento chirurgico, migliorare i risultati dell’intervento oppure a permettere una diminuzione significativa del dolore. A livello teorico, è come se si avviasse un processo di rigenerazione autonoma dei tessuti. Rispetto ad un intervento chirurgico l’invasività è di gran lunga inferiore. Non dobbiamo però immaginare, almeno per il momento, un prodotto magico che fa ritornare un’articolazione o un tendine all’assenza di dolore.
Quali sono le possibili complicanze?
L’unica cosa da far notare è che il risultato di questo tipo di trattamento non è garantito. Nella maggior parte dei casi si ottiene un miglioramento della sintomatologia con una riduzione temporanea (da parziale a totale) del dolore. Esiste però una piccola percentuale di pazienti che non ha nessun tipo di beneficio dalla procedura. Essendo sostanze prelevate dal nostro corpo non comportano alcun rischio di effetti collaterali o avversi, quali intolleranza, allergia o rigetto. Sono descritte reazioni della membrana sinoviale che danno un versamento transitorio dell’articolazione che però si risolve nel giro di qualche giorno.
Quali sono i sintomi?
Il sintomo principale è sempre il dolore che può essere più o meno acuto in base al tipo di lesione, alle sue dimensioni e al grado di degenerazione. Spesso, soprattutto nel ginocchio, è presente versamento, quindi il ginocchio appare gonfio. Il versamento è spesso presente anche nell’anca, ma non riusciamo a valutarlo esteriormente perché l’anca ha un’articolazione più profonda e di dimensioni ridotte rispetto al ginocchio.
Come effettuare la diagnosi?
Il gold standard per la valutazione del tessuto cartilagineo è la risonanza magnetica. Radiografie tradizionali e TAC in alcuni casi ci permettono una valutazione, ma non accurata come con la RMN. Con la risonanza posso anche classificare le lesioni in base alla gravità. Per gli addetti ai lavori ci sono diverse classificazioni ma per semplificare possiamo dividerle in:
- Grado I: lieve danno cartilagineo con rammollimento del tessuto
- Grado II: crepe nella cartilagine e diminuzione dello spessore
- Grado III: ulteriore diminuzione dello spessore con usura pronunciata
- Grado IV: esposizione dell’osso sotto la cartilagine e usura quasi completa
Quali sono i possibili trattamenti?
La terapia va modulata principalmente in base al grado di danno cartilagineo e all’età del paziente.
Nei casi più gravi e con pazienti di età avanzata spesso si procede con terapie palliative (per mitigare i sintomi) in attesa di effettuare un intervento chirurgico di protesi di anca o ginocchio.
Il trattamento invece di lesioni isolate traumatiche o genetiche (come l’osteocondrite dissecante), in particolare nel giovane paziente, è profondamente diverso e si tenta sempre di “riparare” il danno con varie modalità.
Bisogna sottolineare che al momento attuale ricostruire cartilagine ialina (cioè la cartilagine nativa) è molto complesso e si basa su tecniche di medicina cellulare o con tessuti prelevati da altre zone e poi trapiantati. Sono però interventi complessi, con risultati poco prevedibili e con tempi di recupero molto lunghi.
Spesso è necessario effettuare più interventi insieme per riparare il danno cartilagineo, ma anche per correggere l’asse anatomico o dei difetti strutturali dell’articolazione che ne hanno causato la degenerazione.
Le terapie infiltrative con acido ialuronico o con cellule staminali sono al momento le più utilizzate per i danni lievi, oppure per quanto riguarda i fattori di crescita come ulteriore aiuto in caso di intervento chirurgico preserving (cioè per preservare l’articolazione).
Le terapie farmacologiche, lo stile di vita e la fisioterapia fanno sempre parte della terapia del danno cartilagineo a qualsiasi grado di gravità.
Come prevenire le lesioni cartilaginee?
Riconoscere queste lesioni in fase precoce è fondamentale per prevenire una possibile progressione o per riparare la lesione quando non è ancora degenerata. Per quanto la cartilagine sia un tessuto che tende poco a proliferare e rigenerare, mantenerla in attività è fondamentale.
La proliferazione e la produzione di sostanza fondamentale viene stimolata dal carico; infatti, in caso di immobilità prolungata (come per una frattura) il metabolismo di queste cellule rallenta.
L’attività fisica fatta nel modo corretto ha un ruolo protettivo delle articolazioni, riduce inoltre il peso e, migliorando la postura, previene il rischio di cadute.
Ci sono poi integratori e infiltrazioni di ialuronico che possono aiutare e sono trattate in un capitolo a parte.